FAQ

Qui trovi le domande che ci vengono rivolte più frequentemente e le relative risposte.
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Che cos’è la Mucopolisaccaridosi?


Le Mucopolisaccaridosi (MPS) sono una famiglia di malattie genetiche rare che si ritiene colpiscano circa 1 bambino ogni 25.000 nati. Esistono sette tipi di MPS ognuna con caratteristiche specifiche, alcune con differenti sottotipi. La mucopolisaccaridosi di tipo 3 è la sindrome di Sanfilippo.

N.B. No, non è un nome di un Santo, ma il cognome del dottor Sanfilippo che per primo l’ha descritta!

Che differenza c’è tra i 4 tipi di MPS III?

Esistono quattro diversi tipi di sindrome di Sanfilippo.

Sanfilippo tipo A – È il tipo più comune ed è considerato anche il più grave, con la morte più precoce rispetto agli altri tipi. Questi bambini sono carenti dell’enzima Heparan N-sulfatase.
Sanfilippo tipo B – È il risultato di una carenza di N-acetil-alfa-D-glucosaminidasi.
Sanfilippo tipo C – È causato da una carenza di acetil-CoAlpha-glucosaminide acetiltransferasi.
Sanfilippo tipo D- È causato da una carenza diN-acetilglucosamina 6-solfatasi.

Qual è l’incidenza nella popolazione? Quante famiglie ci sono in Italia con MPS3?

La sindrome ha un’incidenza di circa 1 bambino ogni 70.000 nati.

La frequenza dei vari sottotipi cambia nelle diverse nazioni. Nella maggior parte del mondo, il tipo A è il sottotipo più comune, rappresentando più della metà dei casi, è osservato in molte nazioni, particolarmente in Inghilterra, Olanda, Australia e colpisce circa 1 bambino su 100.000; nelle Isole Cayman, invece, raggiunge un’incidenza stimata fino a 1 su 400 nascite. Il sottotipo B colpisce invece 1 bambino su 200.000, ma in alcuni paesi dell’Europa meridionale, quali Grecia e Portogallo, è stato segnalato più comune del sottotipo A. I tipi C e D sono molto meno comuni, hanno incidenze riportate rispettivamente di circa 1 su 1,5 milioni e 1 su 1 milione di nascite. Il sottotipo D ha una prevalenza più alta del solito nelle popolazioni italiane e turche.

In Italia si contano almeno 50 casi di sindrome di Sanfilippo, ma non è sempre facile avere la giusta diagnosi. Molto spesso ci sono ancora diagnosi errate ad esempio di autismo o semplicemente di disturbi del comportamento e questo ci suggerisce che il numero di casi nel nostro paese è probabilmente sottostimato.

Cosa significa “accumulo lisosomiale”?

Le malattie da accumulo lisosomiale sono disturbi ereditari del metabolismo.
I lisosomi sono minuscoli componenti cellulari che contengono gli enzimi necessari alla degradazione (metabolizzazione) di un gran numero di molecole diverse che sono presenti nelle cellule. Se questi enzimi non funzionano correttamente, le molecole quindi si accumulano, danneggiando le cellule e di conseguenza molte aree dell’organismo.
Ai bambini con la sindrome di Sanfilippo manca l’enzima che ha il compito di eliminare una molecola di zucchero chiamata ‘eparan solfato’. Queste molecole si accumulano in maniere particolare nel cervello danneggiandolo e generando una forma di demenza infantile paragonabile alla malattia di Alzheimer.

Cosa significa malattia “autosomica recessiva”?

È una malattia ereditaria autosomica recessiva, significa che entrambi i genitori devono essere portatori perché il bambino ne sia affetto. C’è una probabilità su due (50%) che genitori portatori abbiano bimbi sani anch’essi portatori. Mentre la probabilità che genitori portatori abbiano bimbi sani non portatori è uno su quattro (25%). Un caso su quattro (25%) è anche la probabilità che genitori portatori abbiano bambini malati. Non è una malattia contagiosa, non si attacca alle persone come un raffreddore!

Qual è l’aspettativa di vita?

Non c’è cura per questa malattia, ha un tasso di mortalità del 100%, con bambini che in genere muoiono nella prima adolescenza. L’aspettativa di vita varia a seconda del tipo di MPSIII da cui si è affetti, ma è molto soggettiva. La maggior parte delle persone con il tipo A, il più aggressivo, ha una forma più rapida di progressione con perdita precoce delle capacità, come parlare e camminare e una morte precoce. Il tipo B può progredire un po’ meno rapidamente, in media. I tipi C e D hanno tassi di progressione più variabili, ma la maggior parte delle persone tende a conservare le abilità più a lungo che in A e B. Le statistiche italiane danno un’aspettativa di vita mediamente più lunga rispetto a quanto descritto in letteratura, ma questo è probabilmente legato alla maggiore frequenza in Italia del sottotipo D, meno aggressivo.

Qual è il progresso della malattia?

Segnali della sindrome possono essere presenti già nel periodo neonatale della vita di un bambino, ma spesso passano inosservati. La maggior parte dei sintomi in genere inizia a essere riconosciuta tra 1 e 6 anni di età, quando il bambino inizia a mostrare segni di ritardo dello sviluppo. È una malattia progressiva, che quindi peggiora inesorabilmente e colpisce principalmente il sistema nervoso centrale. Man mano che il cervello viene progressivamente danneggiato, i bambini sperimentano grave iperattività, disturbi del sonno, perdita della parola, declino cognitivo, problemi cardiaci, convulsioni, perdita di mobilità e infine morte, di solito prima dell’età adulta. I sintomi, però, non si presentano con la stessa gravità ne con le stesse tempistiche in tutti i bambini. La MPSIII inoltre non dà deformità ossee gravi come in altri tipi di MPS. La difficoltà di una diagnosi deriva spesso proprio dalla grande variabilità che c’è tra i bambini oltre che dall’aspecificità dei sintomi che spesso ricordano quelli dello spettro autistico, generando così nella stragrande maggioranza dei casi diagnosi errate di autismo.

Esistono terapie approvate?

Ad oggi non esiste una cura. Le terapie esistenti hanno lo scopo di aiutare i bimbi ad affrontare i sintomi per convivere al meglio con la patologia. La gestione clinica dei pazienti con declino neurologico progressivo e coinvolgimento multisistemico richiede un team multidisciplinare con esperienza nella gestione dei disturbi neurodegenerativi. Recentemente è stata pubblicata un articolo che riporta le liee guida per la gestione clinica dei bimbi Sanflippo in cui sono elencate le diverse strategie terapeutiche impiegate con lo scopo di aiutare a fornire un’assistenza coerente ai pazienti e alle famiglie affette dalla sindrome di Sanfilippo, oltre a facilitare gli interventi per migliorare la loro qualità di vita. I ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando duramente per sviluppare trattamenti efficaci, e diversi studi clinici sono stati già completati o sono attualmnte in corso. La terapia genica sembra essere la strada più promettente. Tuttavia, è probabile che una combinazione di trattamenti dia il miglior risultato, quindi è importante continuare a ricercare un’ampia varietà di approcci.

Come assistere un paziente con sindrome di Sanfilippo?

Nel 2022, la Cure Sanfilippo Foundation e la Sanfilippo Chrildren’s Foundation hanno pubblicato le Linee Guida Globali per l’Assistenza Clinica della sindrome di Sanfilippo.

Il nostro ufficio scientifico si è impegnato a tradurle per renderle accessibili a tutti i professionisti italiani.

Chi sono i Sanfilippo Fighters?

I Sanfilippo Fighters sono genitori, fratelli, zii e amici di bambini fantastici, che amano giocare, saltare, correre come tutti gli altri. La nostra forza è l’unione. Insieme vogliamo far conoscere al maggior numero di persone possibile questa malattia. Considerata la sua rarità, ci sono davvero tanti medici, pediatri, insegnanti e terapisti che non la conoscono e non sanno quindi riconoscerla nei bambini. Capirla è il primo passo per riuscire ad affrontarla. La nostra presidente Katia è il punto di riferimento esterno e interno, sempre disponibile all’ascolto e alla condivisione.

Perché diventare soci dell’Associazione?

Diventare soci Sanfilippo Fighters vuol dire entrare a far parte di una grande famiglia. All’interno dei Sanfilippo Fighters non ci si sente mai soli o incompresi e si può liberamente parlare di tutto con persone che vivono la tua stessa realtà senza giudicare, ma incoraggiando e sostenendo. Diventare soci è un modo per combattere insieme.

Di cosa si occupa l’Associazione?

La nostra missione è sostenere le famiglie che combattono con la sindrome di Sanfilippo e finanziare la ricerca di una cura.

Che strumenti mette a disposizione l’Associazione per le famiglie socie?

Le famiglie che affrontano ogni giorno la sindrome di Sanfilippo possono contare su aiuti concreti e quotidiani. Tra i progetti attivi abbiamo l’ausilio psicologico e il progetto sollievo per l’assistenza domiciliare. L’obiettivo dell’associazione è rispondere ai bisogni e alle necessità di tutti, per non lasciare indietro nessuno.

Chi può diventare socio?

Genitori, parenti, amici, medici. Chiunque è vicino a questa battaglia, può diventare socio e entrare a far parte del mondo dei Fighters.

Se divento socio avrò un grosso impegno? Verrò coinvolto molto?

No, verrai aggiunto alla mailing list e se vorrai al gruppo whatsapp delle comunicazioni, ma alla base della nostra attività c’è il rispetto dei tempi e delle disponibilità di ciascuno. Il modo in cui potrai partecipare e contribuire sarà comunque prezioso per far crescere i Sanfilippo Fighters.

Come posso partecipare attivamente dando il mio contributo?

Puoi diventare socio, oppure donare un contributo per sostenere i nostri progetti.

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